Nutrire il cervello, affamare la malattia

Nutrire il cervello, affamare la malattia

Non è un segreto quanto la scienza alimentare stia influenzando la ricerca e il progresso scientifico, si parla dell’intestino chiamandolo ”secondo cervello” proprio per trasmettere l’importanza e la centralità di tale organo e del suo funzionamento rispetto al corpo umano. In realtà i veri protagonisti sono i batteri ”indigeni” dell’apparato digerente: minuscole forme di vita la cui occupazione è proprio regolare l’assorbimento di nutrienti, la sintesi delle vitamine e modulazione della risposta infiammatoria e immunitaria per tutto l’organismo. Ritmo ed efficacia dell’ecosistema batterico, chiamato microbiota , dipende da fattori genetici innati, ma anche dalla materia prima sulla quale sono chiamati a lavorare: i nostri pasti. Le statistiche indicano che la dieta occidentale è la più deleteria,conferisce all’intestino una minore diversità batterica e un aumento relativo dei Firmicutes,che pare abbiano un ruolo nell’assorbimento del glucosio e di conseguenza sul peso; invece il microbiota più efficiente appartiene a quegli individui che hanno mantenuto un rapporto con la terra, gli animali e in generale con prodotti e alimenti di origine naturale, mentre le culture più progredite hanno affidato, ormai da qualche generazione ,la propria dispensa alla grande industria alimentare, che ha ovviamente interesse nel profitto più che nei profili nutrizionali dei propri prodotti. Il marketing condiziona le scelte dei consumatori , ma ne risente l’organismo, che arriva magari a soffrire di deficienze nutrizionali ,pur seguendo una dieta essenzialmente ipercalorica, a un prezzo stracciato, che non esiga tempo e impegno ai fornelli, ma che costa caro alla salute. Una dieta tossica per il microbioma rende l’intero organismo terreno fertile per la maggior parte delle malattie degenerative, come ad esempio tumori, diabete e malattie cardiovascolari;vari studi suggeriscono che i batteri svolgano un ruolo prioritario nella genesi e progressione della malattia ateromasica(depositi di grasso o tessuto cicatriziale nelle arterie),sebbene tali meccanismi restino un mistero,vi è una grande proliferazione di ipotesi basate tutte sulla stretta relazione tra individuo sano,sistema cardiocircolatorio ottimale e microbioma diversificato.Se determinate alterazioni batteriche intestinale favoriscono l’insorgere di patologie la modulazione di tali batteri potrebbe contribuire a prevenirle, lenirle o addirittura curarle. Il cibo che il paziente ingerisce è determinante per la struttura e la composizione del microbiota: un regime alimentare basato su frutta,verdura e latticini poco grassi riduce il problema della pressione arteriosa,soprattutto se associato ad una restriione di sodio (sale).Zinco, Ferro, Rame, Selenio, Vitamine A, B6, C ed E svolgono tutti dei ruoli chiave nel mantenimento di funzioni immunitarie ottimali, e si trovano soprattutto in frutta e verdura,cereali integrali e semi oleosi, alimenti che la natura continua a offrire in abbondanza all’essere umano, rispetto alla carne rossa o a cibi processati che hanno bisogno, oltre ad impressionanti quantità di risorse naturali, anche di elaborati processi industriali per la produzione,confezionamento e conservazione, che ne distruggono le sostanze essenziali per l’organismo.Un’alimentazione che preferisca fibre e antiossidanti a discapito di grassi e proteine animali predispone ad una flora batterica che attiva i complessi meccanismi necessari non solo a ridurre i valori tensivi, ma il rischio totale di patologie cardiovascolari. L’interesse nel rapporto tra il consumo di fibre e cancro è nato da osservazioni su campioni di popolazioni diverse,quindi con diverse abitudini alimentari. In particolare i Finlandesi presentavano uno dei più elevati tassi di infarto miocardico, mentre parevano quasi immuni dal cancro al colon e alla mammella. I Finlandesi sono grandi consumatori di latte e suoi derivati, alimenti che contribuiscono all’incidenza di malattie cardiache;tuttavia consumano un tipo di pane di segale integrale ad alto contenuto di fibre. L’analisi comparata dei campioni di feci ha rilevato innanzitutto una sostanziale differenza ponderale: le feci finlandesi avevano un peso di due o tre volte superiore rispetto a quelle americane,che di contro, presentavano un’alta concentrazione di acidi biliari, sostanze prodotte dal fegato per favorire la digestione dei grassi, ma che sembrano promuovere anche la crescita di cellule cancerose. L’abbondanza della massa fecale implica una maggiore escrezione di estrogeni, che sembrerebbe proteggere le donne finlandesi dal cancro alla mammella. Nello stesso periodo il dott. Denis Burkitt, chirurgo britannico stabilitosi in Uganda, notava che l’incidenza di cancro al colon era elevata tra i britannici che vivevano in Africa, ma molto bassa tra i nativi. Gli africani infatti mangiavano più cereali, frutta e verdura, arrivando ad un’assunzione quotidiana di anche 70 grammi di fibre, rispetto ai 15 rasentati dalla popolazione occidentale,quindi producevano feci più volte al giorno. Le fibre sono responsabili della riduzione della concentrazione di acidi biliari nelle feci (e quindi nel colon), attraverso l’assorbimento di liquidi che aumenta la massa fecale. Il dott. John Weisburger, allora direttore del Research Institute of American Health Foundation a Valhalla,New York, quando la Food and Drug Administration (FDA) nel 1978 vietò l’impiego di dolcificanti artificiali come la saccarina, fece notare come la popolazione americana avrebbe tratto un maggior vantaggio dall’abolizione del pane bianco.
Più recentemente un oncologo italiano, dott. Fariselli, ha studiato e pubblicato uno schema per spiegare le percentuali di tumori influenzati dalla dieta:

Da questi dati si evince perfettamente la necessità degli occidentali di tornare a un regime alimentare più vicino alla natura e ai suoi prodotti,abbandonando la tendenza ad acquistare alimenti sponsorizzati perchè arricchiti o rafforzati chimicamente,preferendo i frutti della terra, ma anche della stagione.
Dal punto di vista psicologico la tavola dovrebbe assumere un valore terapeutico e preventivo: il gusto va educato ai sapori della natura, l’attenzione rivolta ai nutrienti dei cibi piuttosto che all’appagamento della gola; sarebbe la più alta forma di amore e cura per il proprio corpo, e per i cari con i quali condividere il pasto.

Bibliografia
Microbiota intestinale e rischio cardiovascolare. Antonio Sircanà(Unità Operativa di Cardiologia, Azienda Ospedaliera Universitaria di Sassari), Elena Paschetta,Giovanni Musso (Ospedale HUMANITAS Gradenigo,Torino) Maurizio Cassader, Roberto Gambino (Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Torino)

Species-Specific Microbes May Be Key to a Health Immune System. Katherine Harmon, Scientific American on June 23 2012

Antimutagens, anticarcinogens, and effective worldwide cancer prevention. John Weisburger Journal of Environmental Pathology, Toxicology and Oncology : Official Organ of the International Society for Environmental Toxicology and Cancer

L’alternativa dell’oncologo verso una nuova medicina. Giuseppe Fariselli

Don’t Forget Fibre in Your Diet: To Help Avoid Many of Our Commonest Diseases. Denis Parsons Burkitt , 1979

 

 

 

Edvige Rivellini